SII UNA TIGRE, FAI UNA PAUSA

Oggi viviamo in quella che, da molti, viene definita “la società delle performance”:
una società improntata sulla produttività, sul continuare a correre verso il raggiungimento e possedimento di “qualcosa di più”, sul non fermarsi mai.

Perchè, come si suol dire, chi si ferma è perduto.

Niente di più sbagliato per come la vedo io.

Chi si ferma non si perde; chi si ferma, si ritrova.

È proprio questa attitudine al non fermarsi mai che porta a perderci nei meandri della fretta, degli impegni, del raggiungimento di obiettivi; perdiamo noi stessi, quello che siamo, quello che davvero vogliamo.

Non abbiamo neanche più tempo di pensarci.

“L’essere umano deve sempre affrontare due grandi problemi:
il primo è sapere quando cominciare, il secondo è capire quando fermarsi”

Paulo Coelho

PARTIAMO DA QUI

Come mi ha fatto riflettere la mia cara amica Elisa Scagnetti, Business Strategist e founder di “Wave, forse dobbiamo riflettere proprio sul concetto di “obiettivo”:
“diamo per scontato che sia qualcosa verso cui agire con più o meno fatica e impegno e che ci farà essere/fare/avere” (cito testualmente).

Invece, se ci pensiamo, anche stare fermi è un obiettivo se formulato come tale.

Continuo a citare testualmente:
“Anche essere la versione migliore di me può voler dire essere ferma se per il mio Elisa Mondo essere migliori significa sapermi prendere una pausa dal continuo fare, godermi ciò che ho e stare del tempo con me stessa a fare solo ciò che mi diverte senza pensare al Fare ma solo all’Essere. Quella è la migliore me e il mio obiettivo per i prossimi 6 mesi è quello:
Essere e non Fare.”

Non posso trovarmi più d’accordo con il pensiero di Elisa; qui sta l’inghippo.

Diamo sempre, da sempre, poco credito all’Essere e tanto al Fare.

“Se ci vuole intuizione e coraggio per buttarsi avanti quando le circostanze sono favorevoli, ci vuole altrettanta intuizione e coraggio per capire quando le circostanze sono avverse ed è giunto il momento di fermarsi o di ritirarsi”

Francesco Alberoni

La calma dei momenti di pausa, invece, permette di equilibrare tutta l’energia che esplode quando facciamo cose e, solitamente, è proprio in questo momento che avvengono i più grandi cambiamenti.

Equilibrio è la parola chiave.

Ci sono momenti per prendersi una pausa e momenti per correre.

Ma se corriamo e basta, l’equilibrio va a quel paese e noi con lui.

PRENDITI IL TUO TEMPO

D’altra parte, fermarsi non è una cosa che riusciamo a fare a cuor leggero, proprio per come siamo sempre stati educati
quando siamo fermi ci sembra di essere inconcludenti, ci vengono i sensi di colpa, sentiamo di star “sprecando tempo”.

E così, o ci fermiamo senza fermarci davvero, senza goderci la calma perchè il corpo è fermo ma la testa continua a correre, oppure non ci diamo proprio il permesso di farlo.

No, non stai sprecando tempo se scegli di fare una pausa, stai prendendo tempo per te.

So che non ci sei abituat*, so che è difficile ma si può imparare, sai?

Quando siamo fisicamente stanchi, che facciamo? Dormiamo.
Dormire serve a ricaricare le energie.
Dormire non è una perdita di tempo.

Oppure pensa alle tigri (felini in generale):
non solo sono animali che riposano per la maggior parte della loro giornata, ma si fermano anche quando il loro obiettivo è correre.

Quando una tigre vuole catturare la preda, che fa?

Si ferma.
La osserva.
Ancora, ancora e ancora.
Fino a che non arriva il momento giusto di attaccare e farla sua.

Sanno che il fermarsi è funzionale al raggiungimento del loro obiettivo.

Conoscono l’importanza fondamentale della staticità.

“Nulla è paragonabile al brivido di camminare nella giungla alla ricerca di una tigre e sapere che probabilmente ti sta già osservando”

Ashlan Gorse Cousteau

TOCCA A TE

Fermati.
Spegni quel maledetto telefono e osserva.

Stai con te, dentro e fuori.

Rifletti.
Valuta ciò che hai fatto fino a oggi e ciò che il tuo cuore vuole fare in futuro.
Apprezza quello che ti circonda.
Goditi la staticità tanto quanto poi ti godrai il movimento.

Prenditi il tempo che ti serve per poi attaccare al momento giusto.

Tutto acquisterà un senso diverso.

Le tigri non si sentono in colpa a riposare o ad aspettare.

Sii una tigre, fai una pausa.

“È necessario conoscere il punto dove bisogna fermarsi, il punto al quale arrivare.
Conoscendolo, si ha la tranquillità.
Avendo la tranquillità, si ottiene la pace.
Ottenendola pace, si possono prendere le decisioni.
Potendo prendere le decisioni, si può agire”

Confucio

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LA PAURA – DA NEMICA AD AMICA

Oggi voglio parlare di paura e lo voglio fare per un motivo preciso:

è iniziato un nuovo anno, ciascuno di noi ha pensato a come vorrebbe che fosse, qualcuno avrà fatto una lista di obiettivi che vuole raggiungere, qualcuno avrà stilato i famosi buoni propositi.

Insomma, ciascuno vorrebbe che il proprio nuovo anno fosse migliore del precedente; e sai cosa può mettersi in mezzo alla realizzazione di tutto questo?

LA PAURA.

“Tutto ciò che vuoi è dall’altra parte della paura”

Jack Canfield

CHE COS’È LA PAURA?

La paura è un’emozione primaria, fondamentale per la sopravvivenza, comune sia agli esseri umani che agli esseri animali.

Il Galimberti (dizionario di psicologia) la definisce così:

“Emozione primaria di difesa, provocata da una situazione di pericolo che può essere reale, anticipata dalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dalla fantasia.
La paura è spesso accompagnata da una reazione organica, di cui è responsabile il sistema nervoso autonomo, che prepara l’organismo alla situazione d’emergenza, disponendolo, anche se in modo non specifico, all’apprestamento delle difese che si traducono solitamente in atteggiamenti di lotta e fuga”

È una reazione istintiva, un impulso primordiale, che arriva nel momento in cui percepiamo una situazione di pericolo.

Quindi la paura, in realtà, è protezione verso noi stessi ed è proprio per questo che è importante imparare ad ascoltarla, comprenderne l’origine e diventarne consapevoli.

La vediamo come una nemica invece può essere una grande alleata.

N.B. Può succedere che la paura non sia scatenata dalla percezione di un reale pericolo ma dalla possibilità che possano accadere eventi o situazioni che vengono vissuti con grande disagio (per altri possono essere situazioni “normali”); in questo caso non è più un istinto primario ma esprime uno stato mentale diventando ansia.
A seconda della “gravità” della situazione consiglio di rivolgersi al professionista di competenza (personalmente lo consiglio anche in situazioni che possono essere ritenute “sopportabili”).

COME REAGIAMO ALLA PAURA?

Le reazioni istintive alla paura sono:

  • Fight (attacco)
  • Flight (fuga)
  • Freezing (congelamento)
  • Faint (finta morte)

FIGHT – ATTACCO

“Attaccare” può essere una reazione a un qualcosa che fa paura:
non c’è possibilità di fuga, c’è una minaccia incombente e per rimanere vivo l’essere umano combatte.

L’aggressività e la rabbia spesso nascondono una “paura di qualcosa”.

FLIGHT – FUGA

Quando capita un evento spiacevole, è facile che la reazione sia quella di scappare per mettersi in salvo.

Andando alle origini, poteva essere l’incontro con un animale feroce incontrato nella foresta, oggi può succedere durante brutte esperienze vissute nella vita di tutti i giorni.

FREEZING – CONGELAMENTO

Durante una situazione che crea paura rimanere congelati permette di ragionare sul da farsi (attaccare o fuggire) mentre si rimane immobili in modo da diventare invisibili al “predatore”.

Il Freezing è proprio una situazione d’ immobilità fisica nel quale si valuta la strategia migliore da attuare; se in quel momento si ritiene che l’attacco o la fuga non siano funzionali a quella specifica situazione la reazione virerà verso il Faint, la finta morte.

FAINT – FINTA MORTE

Pensa agli Opossum:
quando si trovano in una situazione di pericolo si fingono morti (non solo loro ma sono l’esempio più noto).

Ecco questa è una reazione causata dalla paura che gli dice “stai fermo, così sembri morto e nessuno ti farà niente” perchè tendenzialmente i predatori prediligono prede vive che gli garantiscano della buona carne piuttosto che morte che potrebbero essere carne avariata.

Noi esseri umani spesso reagiamo esattamente così alla paura (e personalmente l’ho provato sulla mia pelle):
ci fingiamo morti davanti a eventi terribili che ci terrorizzano.

QUALI SONO LE PAURE PIÙ COMUNI?

Nel 2020, quindi anche in conseguenza del periodo storico che abbiamo vissuto, è stata fatta una ricerca su quali fossero le paure più diffuse negli esseri umani (nello specifico in Italia) ed è stata stilata questa lista:

1. Paura dell’abbandono
2. Paura di stare solo in casa
3. Paura di guidare
4. Paura di sentirsi male
5. Paura di non essere amati
6. Paura dei legami
7. Paura d’innamorarsi
8. Paura di cambiare lavoro
9. Paura della felicità
10. Ipocondria
11. Paura di fidarsi degli altri
12. Paura della gravidanza e del parto
13. Paura del tradimento
14. Paura della morte di persone care
15. Paura del contagio

(Tratto da https://www.gqitalia.it/lifestyle/article/paure-piu-comuni-persone).

Tra tutte queste paure, quelle su cui voglio spendere qualche parola in più sono quella del cambiamento e della felicità.

IL CAMBIAMENTO FA PAURA

Fare un nuovo passo, dire una nuova parola, è ciò che la gente teme di più

Fëdor Dostoevskij

La paura del cambiamento nasconde sotto di sé la paura dell’ignoto.

Sempre per una questione di sopravvivenza, ciò che non conosciamo ci spaventa e il cambiamento, in un qualsiasi ambito della vita, ci spinge ad affrontare qualcosa di nuovo che ancora non sappiamo come sarà.

Riuscirò ad affrontarlo?
Mi piacerà?
Riuscirò ad abituarmi?
Mi troverò bene?
Cosa comporterà?
Saprò gestirlo?

Queste e molte altre sono le domande che ci facciamo; dove siamo e quello che facciamo adesso lo conosciamo e sappiamo come affrontarlo e gestirlo, il nuovo è tutto da costruire dentro e fuori.

Mentre la paura del cambiamento è abbastanza conosciuta e sulla bocca di molti, quella della felicità è meno nota.

LA PAURA DELLA FELICITÀ

È la nostra luce, non la nostra ombra, quella che ci spaventa di più

Nelson Mandela

“Com’è possibile avere paura di essere felici? Tutti vogliono esserlo!” pensano la maggior parte delle persone.

E invece no, molti affermano di voler essere felici ma quello che poi gli accade dentro è tutt’altra storia.

Ovviamente, la felicità ha un significato diverso per ciascuno di noi:
c’è chi si sente felice a vivere in un modo e chi in un altro, c’è chi prova felicità per una cosa chi per un’altra.

Ma mi chiedo “Per quale motivo solo pochi di noi riescono davvero a scegliere la propria felicità?”

Potrebbe essere rassegnazione, potrebbe essere la convinzione che niente potrà mai cambiare oppure potrebbe essere abitudine a determinate emozioni che quelle legate alla felicità non sappiamo gestirle non conoscendole. E da qui la paura.

È una paura spesso inconsapevole ma molto più comune di quanto si possa pensare.

DOV’È L’INGHIPPO?

Appurato che la paura è un’emozione primaria e che è sano provare paura essendo un istinto primordiale, dov’è il “problema”?

Questo nasce nel momento in cui lasciamo che la paura che proviamo condizioni tutta a nostra vita arrivando a bloccarla totalmente; spesso capita che la paura di qualcosa non permetta la Vita ed è questo l’inghippo.

È necessario imparare a non farsi condizionare dalla paura.

Il che non vuol dire non sentirla ma vuol dire imparare a osservarla, comprenderla, accettarla.

Ha un senso di esistere, ci vuole dire qualcosa e solo ascoltandola e accogliendola possiamo trasformarla da nemica ad alleata.

Possiamo farci amicizia, dobbiamo farci amicizia.

Osserviamoci quando abbiamo paura, diventiamo consapevoli di ciò che proviamo, approfondiamo il perchè lo proviamo e agiamo.

Non lasciare che la paura prenda il sopravvento:
le Amiche, quelle con la A maiuscola, sono preziose consigliere, ci insegnano tanto, ci aiutano a riflettere e a comprenderci, ma non sono loro a decidere per la nostra vita.

L’unica persona che ha il diritto di scegliere per la tua vita sei tu.

“Aver paura è una cosa.
Lasciare che la paura ti afferri per la coda e ti faccia girare come una trottola è un’altra”

Katherine Paterson

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IL DUBBIO – POLO NEGATIVO E POLO POSITIVO

“Il dubbio è il trampolino di lancio del pensiero creativo, ma al tempo stesso è la molla del pensiero ossessivo.”

Giorgio Nardone

I dubbi sono come una pila con due poli opposti:
quello negativo e quello positivo.

Ce ne vengono in continuazione e, proprio come una pila, possono diventare la nostra batteria, ciò che ci muove ad andare avanti, oppure, come spesso succede, possono crearci un sacco di preoccupazioni, di sentimenti negativi come insicurezza, frustrazione e ansia.

Possono letteralmente bloccarci.

Quando questo accade è perché ci focalizziamo solo sul polo negativo ma una pila, per funzionare, deve averli collegati entrambi altrimenti non produce energia.

È importante imparare ad analizzare e comprendere con consapevolezza i dubbi che ci assalgono:
sono un meccanismo della mente (che mira sempre alla sopravvivenza) e ci stanno dicendo che “qualcosa non va”.

Accogliamoli e comprendiamoli.

IL POLO NEGATIVO

“L’unico limite alla nostra comprensione del domani saranno i nostri dubbi di oggi.”

Franklin Delano Roosevelt

Il dubbio ha dei lati negativi, è inutile che ce la raccontiamo; esistono ed è sano vederli proprio per avere il quadro completo della situazione, per far andare la pila.

Non arriva mai da solo, che sia esso su una persona, su un fatto od opinione, su una scelta che dobbiamo compiere; arriva accompagnato da una o più emozioni e solitamente, le prime che appaiono sono tristezza, rabbia, ansia, preoccupazione.

Questo accade perchè il dubbio ci crea incertezza e la nostra mente, che ama il conosciuto, il sicuro, le strade già battute (proprio per la sua funzione protettiva), non è proprio una sua grande fan.

Non è facile riuscire a non farsi totalizzare da queste emozioni, ci vuole una grande intelligenza emotiva e molto allenamento, perciò spesso entriamo in un vortice infinito formato da un dubbio dietro l’altro che ha come conseguenza una paralisi della vita.

Ci blocca proprio, ci paralizza, non ci fa agire.

Purtroppo o per fortuna, come esseri umani, necessitiamo di azione, abbiamo bisogno di FARE per innescare dentro di noi delle dinamiche che siano funzionali all’evoluzione della nostra vita, privata o professionale che sia e il rimanere paralizzati a causa dei dubbi non ci facilita di certo le cose.

Nella mia professione il dubbio che più spesso viene portato in sessione riguarda le proprie capacità:
“Non so se ne sono capace”
“Non so se riuscirò a raggiungere ciò che voglio”
“Magari chiedo troppo”
“Forse ho un obiettivo troppo ambizioso”
…e via dicendo.

Tendiamo a mettere in dubbio noi stessi quando invece dovremmo mettere in dubbio le paure che abbiamo, perchè spesso infondate, ma quelle no, non le prendiamo mai in considerazione quando si tratta di dubitare di qualcosa.

Bisogna anche dire che viviamo in una società che si nutre d’inadeguatezza, con industrie miliardarie che basano il loro marketing proprio su questo:
non siamo persone adeguate se non la pensiamo in quel modo, non siamo abbastanza se non abbiamo quel prodotto etc.

Non è facile uscire da questo circolo mentale nel quale veniamo spinti, me ne rendo conto.

Non facile ma possibile.

IL POLO POSITIVO

“Il dubbio è l’inizio della conoscenza.”

Cartesio

Il lato positivo c’è, è solo più difficile da vedere ma, se ci soffermiamo a riflettere capiamo che avere dubbi su qualcosa ci apre alla conoscenza, alle domande, alla consapevolezza.

Se hai dubbi su un argomento che fai? Vai a informarti per toglierli, giusto?

Se hai dubbi su una persona che fai? La osservi, la studi, la conosci per capire se avevi ragione o meno, giusto?
Potresti poi scoprire che non era come pensavi e quindi conquistare una persona di valore in più nella tua vita oppure, al contrario, eliminarne una che per te non andava bene.

Se hai dubbi su una scelta da prendere che fai?
Vagli tutte le opzioni, ti ascolti per capire cos’è meglio da fare per te con la conseguenza di conoscerti ancora di più, di creare ancora più consapevolezza interiore.

Il dubbio può essere generatore di nuove opportunità e punti di vista se analizzato e compreso a fondo.

Vero è che, per fare ciò, bisogna starci dentro e trasformare tutte le emozioni, di cui accennavo precedentemente, da freno ad acceleratore.

Facile? NO per niente.

Ma le cose belle, nella vita, non sembrano mai essere facili, purtroppo.

Inoltre, vi ricordo, tutte le più grandi scoperte e invenzioni sono nate perchè quelle precedenti sono state messe in dubbio.

È QUESTIONE DI APPROCCIO

“Chiedi a te stesso continuamente,
– Qual è la miglior cosa da fare? -”

Confucio

Non smettere mai di farti domande, su nessun argomento al mondo ma fai attenzione:
non risponderti reagendo ma agisci per risponderti.

Che tu voglia o meno, avrai sempre dubbi su qualcosa; a volte te li creerai da sol*, a volte verranno dal mondo esterno.

Fanno parte di te, di noi, del nostro funzionamento cerebrale e averli o no non rientra nella gamma di scelte che abbiamo; quello che invece possiamo scegliere è il nostro approccio ai dubbi e a tutto ciò che ne scaturisce.

Il dubbio è come una pila:
ha un polo positivo e uno negativo.

Comprendili e collegali entrambi per fargli sprigionare la sua energia.

La tua energia.

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ESSERE BAMBINI, ESSERE ADULTI QUESTIONE DI EQUILIBRIO

Quante volte ti è capitato di dire, o di sentirti dire frasi come “Sei sempre un* bambin*” oppure “Non crescerai mai!”?

Sicuramente molte.

Hai mai riflettuto sul vero significato di queste frasi?

Perché non sono assolutamente superficiali, anzi, si rivolgono proprio a una parte di te che c’è stata e c’è tutt’ora in una forma diversa:
la tua parte ancora bambina, comunemente chiamata “Il bambino interiore”.

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta (ma pochi di essi se ne ricordano)”

Antoine de Saint-Exupéry

DA PICCOLI A GRANDI

Quando siamo piccoli, bambini dentro e fuori, quello che più ci caratterizza è l’innocenza, la purezza, la creatività, l’allegria, la giocosità, la fantasia, la curiosità; pensiamo che tutto sia possibile e ogni cosa ci crea stupore, meraviglia.

Siamo nella fase di conoscenza di noi stessi e del mondo, osserviamo ogni piccola cosa e di queste riusciamo a coglierne il lato più bello, più magico; abbiamo la mente più libera da condizionamenti, congetture, preoccupazioni, responsabilità e questo ci permette di pensare e vivere in modo diverso rispetto agli adulti (ovviamente è un discorso generico in quanto ci sono dei bambini che fin da piccoli, purtroppo, vivono già il peso di grandi preoccupazioni e si sentono già molto responsabili in tenera età, ma sono casi specifici).

Poi cresciamo e, ancora una volta magicamente, tutto ciò spesso svanisce:
diventiamo improvvisamente meno fantasiosi, meno creativi, non vediamo più la meraviglia di ciò che ci circonda perché presi da doveri e incombenze, non viviamo più lo stupore.

Il nostro spazio mentale è saturo e non c’è posto per queste cose.

Eppure, ogni tanto, anche se solo per un secondo, capita di risentire dentro di noi quel guizzo infantile:
una sorpresa inaspettata, un momento di svago, l’abbraccio di una persona cara, sono per esempio degli attimi di vita che possono farci tornare bambini per un istante.

Quello è il tuo bambino interiore.

A me, per farti un esempio, capita spessissimo quando sono in compagnia di bambini perché riescono a farmi rivedere il mondo con i loro occhi, che poi erano anche i miei:
vederli gioire per qualcosa che a me sembra, a oggi, “insignificante”, vederli entusiasti di tutto quello che li circonda, sentire la loro energia infinita e la loro voglia di vivere riaccende dentro di me “il mio bambino”.
Lo sento e mi commuove ogni volta.
Probabilmente, anzi sicuramente, perché anche io dovrei ascoltarlo molto di più.

QUELLA CHE DEFINIAMO “VECCHIAIA”

“Io non faccio film solamente per bambini.
Li faccio per il bambino che è in tutti noi, che abbia sei o sessanta anni.”

Walt Disney

Sei cresciut*, sei fisicamente cambiat* ma dentro di te lui è rimasto e rimarrà sempre, anche quando avrai 90 anni.

Anzi, quando avrai 90 anni probabilmente lascerai che si esprima ancora di più di quanto gli permetti ora perché superata una certa età, il bagaglio di esperienze che avrai (e avremo tutti) ti darà modo di fregartene ancora di più del mondo esterno, ti farà sentire ancora più liber* di essere qualsiasi cosa vorrai.

“Quando si è vecchi si torna bambini “, si dice così no?

In realtà lo siamo da sempre ma, forse, la vecchiaia ci fa sentire di avere il permesso di fare ciò che ci pare, anche di fare i bambini.

Il concetto alla fine è sempre lo stesso:
dipende tutto da come si affrontano le cose, non dalle cose in sé.
Essere adulti, essere vecchi, è una questione di atteggiamento.

Il che non vuol dire essere irresponsabili, fare cose a caso, non pensare alle responsabilità che hai scelto come persona adulte bensì vuol dire trovare il giusto equilibrio tra il tuo essere piccolo e il tuo essere grande.

È importante non soffocare il bambino che c’è in te perché è lui il depositario del tuo potenziale più grande, è la tua fonte di energia più esplosiva. Proprio quell’energia infinita che hanno i bambini.

D’altra parte, è anche il custode delle tue sofferenze più profonde il che rende molto più facile, con la crescita, il trascurarlo completamente; si evita di soffrire, di star male ma così si evita, allo stesso tempo, anche di stare bene.

Diventa un circolo vizioso, me ne rendo conto, ed ecco che entrano in gioco le scelte di cui tanto abbiamo parlato negli ultimi articoli.

È L’ESSENZA DI NOI ESSERI UMANI?

Questo tema è stato affrontato da tantissimi studiosi e professionisti: psicologi, coach, counselor, filosofi etc.

C’è chi identifica il bambino interiore come “il vero sé”, la nostra essenza, chi invece non è d’accordo.
Come sempre, ciascuno dice la sua.

Personalmente credo che sia semplicemente una parte di noi che rimane dentro e al quale è necessario dare credito, che è fondamentale ascoltare e non reprimere; non sono d’accordo con chi la identifica con la propria essenza, il proprio sé, in quanto questo è assolutamente scevro da qualsiasi definizione, da qualsiasi età, atteggiamento, caratteristica.

La nostra essenza non è neanche esprimibile come concetto, tanto è infinita e immensa; non è razionale, è un sentire, più precisamente è un Essere.

Sicuramente, il bambino interiore, è una parte molto, molto importante di noi esseri umani, fondamentale per vivere una vita felice; un parte che, se trascurata, può causare insoddisfazione, tristezza, frustrazione (in alcuni casi anche malattia fisica e psicologica).

GUARDATI, PARLATI

“Sarebbe bello parlare con i bambini che eravamo e chieder loro cosa ne pensano degli adulti che siamo diventati.”

Juan Felipe Gabanhia

Una cosa che mi sento di consigliarti, utile a chiunque di noi, è questa:

prenditi un attimo per te, siediti a un tavolo o alla tua scrivania.
Chiudi gli occhi nel silenzio della stanza (oppure con una musica rilassante) e fai un bel respiro profondo.

Guardati nella tua mente.

Se ti osserverai attentamente noterai che sul tuo volto c’è anche il suo:
è quello il tuo bambino interiore. Sei tu.
Lo vedrai perché è impossibile non farlo.
L’immagine sarà sempre più nitida e chiara e, una volta focalizzato bene può esserti utile scrivergli una lettera: digli tutto quello che senti, quello che vivi.
Chiedigli scusa, ringrazialo, raccontagli quello che vivi ora da grande, aprigli il tuo cuore.

Sei tu, chi può capirti meglio di te stess*?

Puoi dirti quello che vuoi, puoi liberarti e liberarlo.

Conserva la lettera, rileggerla qualche tempo dopo sarà illuminante ed emozionante.

Dato che tra poco sarà Natale, fatti e fagli questo regalo.

È il periodo dei bambini per eccellenza, giusto?

Forse, è proprio il momento per provare a dare un po’ di spazio a quel bambino che dentro di te bussa in continuazione ma al quale tu non apri mai la porta.
Forse, è il momento giusto per rivivere lo stupore, la meraviglia, la magia.
Forse, è il momento perfetto per tornare a giocare, tornare a essere curis*, tornare a vivere.
Forse, è il momento di riniziare a Credere in qualcosa.

La magia esiste per tutti; anche per te, se ci Credi.

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SCELTE CONSAPEVOLI – COSA SONO E COME FARLE

Nell’ultimo articolo “Scegliere: un grande atto di coraggio” abbiamo parlato di quanto sia coraggioso l’atto di scegliere, dalla scelta apparentemente più semplice a quella più complicata da fare.

Ma quante volte ti sei chiest* poi “Oddio, avrò fatto la scelta giusta? Avrò sbagliato?

Sicuramente tantissime, forse sempre.

Ma lasciati dire una cosa:

Non esistono scelte migliori o peggiori; scelte giuste o sbagliate.

Esistono solo scelte.

Quello che cambia è come le si affronta.

“Le scelte giuste sono quelle che si prendono sulla spinta del coraggio e non della paura.
Perché non è la scelta in sé che conta, ma lo spirito con cui la si affronta.”

Massimo Gramellini

Questo non vuol dire che si possa sempre scegliere con leggerezza, ci sono alcuni tipi di scelte che vanno prese con la giusta attenzione sia rivolta a te stesso sia al contesto che ti circonda.

COSA SERVE PER FARE SCELTE CONSAPEVOLI?

Immaginiamo il processo di SCELTA CONSAPEVOLE come se fosse il menù di un ristorante, formato da varie portate.

C’è sempre la portata principale, giusto?

Ecco, in questo menù il piatto principe è LA CONOSCENZA DI SÈ; nota bene che è “il piatto” non “l’ingrediente”.

Perché?

Perché questa portata è formata da vari ingredienti, come:

  • Sapere chi sei
  • Comprendere quali sono i tuoi desideri, che cosa vuoi
  • Sapere cosa è importante per te
  • Notare quali sono i tuoi pensieri
  • Percepire le tue emozioni e come le vivi
  • Capire quali sono i tuoi bisogni
  • Imparare come sei nel momento presente (si può sempre cambiare, anzi, si deve cambiare altrimenti non si vive)

Potrebbe essere una portata cucinata da Bruno Barbieri per quanti ingredienti complicati ci sono dentro; complicati ma necessari.

E come si cucina questo piatto?

Con l’ascolto di se stessi.
Questo è l’unico utensile che ti serve: l’ascolto.

Quello più autentico, incentrato solo su di te, scevro dal giudizio esterno, dalle richieste della tua realtà e da ciò che il mondo si aspetta da te.

GLI STEP PER FARE UNA SCELT CONSAPEVOLE

Rimanendo in tema ristorante, nel momento in cui ti trovi a dover fare una scelta (in questo esempio supponiamo che sia una scelta davvero importante per te e non semplicemente “Che cosa mi metto oggi”) gli step che possono aiutarti sono:

  1. Siedi al tavolo con te stess*, la persona più importante della tua vita
  2. Inizia a studiare il menù, con tutte le possibilità che ti offre
  3. Chiediti Di che cos’ho voglia oggi? Che cosa potrei mangiare? Carne? Pesce?” O magari sei allergic* a qualcosa quindi quello specifico ingrediente lo scarti a priori perché ti farebbe solo male
  4. Ascolta quello che il tuo corpo ti dice, le intuizioni che ti fa venire in mente; magari quando leggi un piatto lo stomaco ti borbotta più di quando ne leggi un altro, oppure solo l’idea di mangiare un piatto ti fa venire la nausea
  5. Seleziona le opzioni da tenere e quelle da scartare
  6. Prendi in considerazione solo le opzioni da tenere e rileggile con attenzione
  7. Chiediti Quale di queste mi renderebbe più soddisfatt* dopo averle mangiate? Quale mi potrebbe regalare più emozioni positive? C’è qualcosa di più o meno funzionale per me? Mangiare questo piatto è allineato con i miei valori?” (Magari sei vegan* o vegetarian* e mangiare una bella bistecca non ti farebbe star bene)
  8. Chiediti anche se mangiare quel determinato piatto potrebbe avere conseguenze sulla tua realtà, sul contesto che ti circonda (Se sei a un primo appuntamento per esempio, mangeresti una bella zuppa di cipolle? O del risotto al nero di seppia? Forse si, forse no)
  9. Scegli
  10. Non pensarci più.

Ecco, di questi 10 step quello più importante è l’ultimo: Non pensarci più.

Una volta che hai fatto una scelta è inutile rimuginarci sopra, continuare a far andare il cervello come se fosse un frullatore.
Non serve a niente.

Hai scelto?
Basta, sii felice di quella scelta e affrontala con coraggio e accettazione di quello che verrà.
Abbi fiducia, sempre, che in qualsiasi modo andrà, è la scelta migliore per te.
Che vada bene o male (e anche qui, cosa vuol dire bene o male? È sempre un giudizio che gli diamo noi) ti avrà comunque insegnato qualcosa e portato da qualche parte.
Quindi è comunque stata la scelta perfetta.

LA SCELTA SEI TU

“Ogni giorno, quello che scegli, quello che pensi e quello che fai è ciò che diventi.”

Eraclito

Come c’insegna Eraclito, le nostre scelte ci identificano; definiscono chi siamo e ci spianano una strada di vita percorribile.

La vuoi cambiare perché non ti piace più?

Fai scelte diverse.

Le vere domande che devi porti sono “Chi vuoi essere in questa vita o semplicemente in questo momento? Che cosa vuoi essere? Cosa vuoi vivere?”

Scegli in conseguenza delle loro risposte senza esitazione perché non ci sono scelte più consapevoli di quelle allineate con ciò che scegli di essere.

Ci fai caso che è tutto una scelta?

Quando dico che “La vita è questione di scelte” intendo proprio questo.

Scegli.

Altrimenti qualcuno lo farà per te ma le conseguenze potrebbero essere disastrose perché potrebbero essere cose che non ti piacciono, che non vuoi fare, che non sono tue priorità, che non senti tue.
Potrebbero definire una persona che non sei e causarti insoddisfazione e malessere interiore.

Fai scelte consapevoli; Sii il protagonista delle tue scelte.

Per aiutarti a cucinare la portata principale “La conoscenza di sé” ho creato un percorso che si basa proprio sull’ascolto di se stessi:

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SCEGLIERE: UN GRANDE ATTO DI CORAGGIO

Dal vocabolario Treccani:

Coràggio s. m. [dal provenz. coratge, fr. ant. corage, che è il lat. *coratĭcum, der. di cor «cuore»]. – Forza d’animo nel sopportare con serenità e rassegnazione dolori fisici o morali, nell’affrontare con decisione un pericolo, nel dire o fare cosa che importi rischio o sacrificio

“Io non sono una persona coraggiosa”

Quante volte l’hai sentito dire?
Quante volte l’hai detto?
È davvero così?

Nella nostra “cassetta degli attrezzi” abbiamo tutti del coraggio; viene dato in dotazione base a chiunque venga sulla terra.

Pensaci bene: nascere non è già di per sé un atto di grande coraggio?

Che succede poi?
Perchè c’è chi ha più coraggio e chi meno?

Non si tratta di averne di più o di averne di meno, si tratta di essersi allenati di più a meno a gestire la paura.

FACCIAMO UN PASSO INDIETRO

Partiamo dal presupposto che la paura è un’emozione assolutamente normale e sana:
è l’istinto di sopravvivenza che bussa quando qualcosa dentro o fuori da te si sta modificando e può risultare un pericolo.

Tutto il nostro corpo, tutto il nostro cervello sono devoti all’abitudine perché essere abituati a fare qualcosa, avere una routine per esempio, ci permette di fare poca fatica; permette al nostro cervello di sprecare meno energia possibile e quindi, secondo lui, di stare meglio.

Ogni volta che ci si presenta un qualsiasi tipo di novità (bella o brutta che sia) o cambiamento di vario genere, il cervello va in allarme perché deve affrontare principalmente due cose:

  1. L’ignoto
  2. La creazione di un nuovo percorso neuronale (che farà diventare, con il tempo, quel cambiamento un’abitudine)

Tutta questa ventata di novità e di fatica scatena dentro di noi la paura:
una sana emozione che però non deve avere la meglio su di noi altrimenti rischia di bloccarci completamente la vita.

Ed è qui che entra in gioco il coraggio che altro non è che quella forza d’animo che ci permette di gestire la paura.

Più ci alleniamo (ancora il benedetto cervello) ad affrontare le cose/situazioni che ci creano paura, più diventiamo coraggiosi, più ci sentiamo di star vivendo la nostra vita.

Il coraggio si esercita.

La paura è umana, ma combattetela con coraggio

Paolo Borsellino

COME SI PUÒ ESSERE CORAGGIOSI

Con questo non voglio dire che tutti dobbiamo buttarci con il paracadute o fare bungee jumping; queste sono scariche di adrenalina che possono piacere o meno e credo che siano espressioni di coraggio “estreme”.

Possiamo essere coraggiosi in tante piccole cose nella vita, come per esempio:

  • Dire di no a qualcuno o qualcosa
  • Chiedere scusa
  • Dire la propria opinione anche quando non è popolare
  • Ammettere di aver sbagliato
  • Fare una critica a qualcuno
  • Fare una scelta

Ed è proprio su quest’ultimo atto di coraggio che mi voglio soffermare perché non solo è importante scegliere il coraggio e quindi non farsi comandare dalla paura ma è altrettanto importante avere il coraggio di scegliere:

  • Scegliere cosa è meglio per noi
  • Scegliere ciò che ci fa stare bene indipendentemente da ciò che il mondo si aspetta
  • Scegliere una relazione piuttosto che un’altra
  • Scegliere di lasciare un lavoro e iniziarne un altro
  • Scegliere di essere noi stessi (con il nostro modo di essere, le nostre idee etc) senza farsi condizionare dal giudizio del mondo esterno

E via così, potremmo andare avanti all’infinito.

Dalle nostre scelte dipende tutta la nostra vita quindi scegliere, oltre che a essere una grande responsabilità, è un grande atto di coraggio.

LA VITA È QUESTIONE DI SCELTE

È stato studiato che ogni giorno siamo chiamati a fare circa 35000 scelte, alcune involontarie altre no.

Quante di queste scelte sono comandate dalla paura?
Quante sono autentiche e allineate con ciò che tu sei e vuoi nel profondo del tuo cuore?

Ti sei mai chiest* se le scelte che fai sono davvero tue oppure sono condizionate da altro?

Avere coraggio porta sempre fuori dalla nostra zona di comfort nel quale stiamo benissimo:
ci sentiamo protetti, controlliamo tutto, sappiamo come gestire le cose, sappiamo cosa succederà (o almeno abbiamo l’illusione di saperlo).

Ma la vita, la vera vita, purtroppo o per fortuna è proprio a un passo fuori da quella zona così ben delimitata.

Il coraggio è la prima delle virtù perché rende possibili tutte le altre

Aristotele

DUE DELLE COSE CHE PUOI FARE CON ME…

…PER TUTTE LE ALTRE SPULCIA IL SITO!

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